Lo Haiku (seconda parte) di Alberto Baroni
"HAIKU" parte seconda
Riferimento stagionale
Un haiku deve contenere un richiamo, diretto o
mediato, al suo periodo di stesura o tempo della composizione. Più in
particolare, dev'essere presente il riferimento a una delle quattro stagioni:
Primavera, Estate, Autunno Inverno.
Il riferimento stagionale può presentarsi come "tema stagionale"- KIDAI o come
"termine/parola stagionale"- KIGO
Il KIDAI è quell'espressione o quel termine che delinea il contesto naturalistico-temporale dello scritto (Es: la raccolta delle mele -Ciliegi in Fiore - Vento Grecale - Campo dorato ) suscettibile di ulteriore precisazione ad opera di termini o locuzioni più specifici (come " mela matura " ciliegia rossa. etc.) che comunque richiamano ad una stagione perché ciò che viene descritto può appartenere solo a quella specifica stagione dell'anno.
Il KIGO è invece, quel termine o quella
locuzione che identifica con un alto grado di specificità, un dato periodo
dell'anno ( Es. Vento Autunnale - Gelo invernale, Afa Estiva, Erba di Primavera
) dove il riferimento alle quattro stagioni è palese.
Il riferimento stagionale, era generalmente collocato all'interno del primo o
del terzo verso dello scritto. Nei secoli tale regola ha finito con il cedere
il passo ad un suo uso più libero, sicché è possibile collocarlo nel verso che
si preferisce.
Quindi nessuna restrizione all'uso o del Kigo o del Kidai, l'importante che ci
sia il richiamo alla stagionalità.
In mancanza del Kigo o del Kidai è accettato anche il Piccolo Kigo cioè il riferimento ad una specifica fase della giornata: Aurora - Alba - Mezzogiorno - Tramonto - Imbrunire - Notte - Notte fonda - Stelle - Luna - Quarto di Luna - Luna piena - etc...senza però dare a queste specifiche fasi della giornata delle aggettivazioni personalizzate ed emotive quali ad esempio: Danza la notte - Notte di pece - Notte quieta - Sole triste - Giorno dormiente, Sole annoiato etc...
NB: Di regola lo haiku accoglie al suo interno un solo riferimento stagionale, può capitare però che nel comporlo vengano utilizzati due termini, che portano entrambi all'identificazione della stagionalità. Ecco che in questo caso, peraltro raro, si deve prestare molta attenzione affinchè i due riferimenti stagionali si armonizzino tra loro, cioè rimandino allo stesso periodo stagionale e non a periodi dell'anno diversi, onde evitare di sovrapporre riferimenti stagionali antitetici che, anziché arricchire lo scritto, ne minano irreversibilmente il pregio.
Il kireji
Uno haiku, per tradizione, deve prevedere, all'interno della propria struttura, uno "stacco" (kire) o cesura atto a dividere l'opera in due emistichi giustapposti. Tale stacco viene formalizzato dall'utilizzo di determinati parole
(kireji) che, collocate in chiusura di verso o al suo
interno, "spezzano" il flusso di pensiero del lettore, stimolandolo a ricercare
il collegamento tra le due parti dell'opera così createsi.
Data l'assenza di un corrispondente occidentale ai kireji, è ormai prassi
comune adottare in loro vece i segni d'interpunzione (virgola, punto, due
punti, trattino, ecc.).
La Scuola Haiku Yomichi ritiene ammissibile l'uso dei segni interpuntivi, in
quanto propri del nostro patrimonio linguistico, e vi preciso che gli stessi
non costituiscono sillaba - Non si condivide invece la prassi di segnare il
kireji mediante l'uso della maiuscola all'inizio del verso successivo, anche
qualora il rigo precedente non si concluda con il punto.
NOTA: nella tradizione, il "taglio" o Kireji deve comparire, di regola, al
termine del primo o del secondo verso, così da consentire al verso finale di
presentare un'immagine associativa, comparativa o di contrasto.
Il non-dire
Un buon haiku dev'essere capace di esprimere un messaggio profondo attraverso il minor numero possibile di parole dettaglianti. Nella pratica poetica, essa si manifesta attraverso un uso sporadico di pronomi personali, avverbi e aggettivi, nonché mediante l'impiego di un lessico semplice, immediato e non artificioso. Usando le parole di Seki Ōsuga si può dire che: "noi siamo in grado di comprendere il mondo della creazione solo quando siamo sinceri e umili nei confronti della natura, quando siamo liberi da ogni paura, quando annulliamo ogni distanza tra noi e la natura stessa, quando non ci abbandoniamo a inutili fantasie o non cadiamo in intellettualismi di sorta.
L'annullamento dell'io
Uno haiku deve essere in grado di produrre una sorta di "annullamento dell'io" del suo autore, ovvero reprimere, pur nel rispetto del "qui e ora", ogni richiamo diretto alla persona dello haijin (poeta-persona haiku), ogni sua declinazione caratteriale che possa adombrare lo spirito dello haiku.
Prendendo in prestito le parole del semiologo Roland Barthes, si può dire che: "il tempo dello haiku è senza soggetto: la lettura non ha altro 'io' se non la totalità dell'haiku di cui questo 'io', per una rifrazione all'infinito, non è che il luogo di lettura".
Lo haiku stesso, d'altro canto, presuppone un'esperienza sensoriale immediata della natura (i cui tre elementi caratteristici, ossia il "DOVE", il "COSA" e il "QUANDO" si fondono armoniosamente nell'estetica del "FŪRYŪ", laddove "la differenza tra soggetto e oggetto è "trascesa" poiché non vi è né un soggetto percipiente, né un oggetto percepito, ma la loro relazione"
Ma qui andiamo già oltre a quello che può essere definito nozione e si entra in una dimensione filosofica che approfondiremo nella parte IV "L'Estetica degli Haiku".
In parole povere: evitate Haiku autoreferenziali.
Un breve accenno sul fūryū
(letteralmente: il vento che scorre - lo spirito poetico)
Il fūryū rappresenta il cammino di ricerca, al contempo poetica ed esistenziale, che procede per successivi gradi di affinamento, 'Haiku stesso ne è permeato. Lo stato d'animo si trasmette al lettore che si ritrova immerso in esso come in un liquido amniotico. Molti sono gli stati d'animo che possono trovarsi nell'Haiku.
Possono essere presenti contemporaneamente, o singolarmente. Le sfumature sono molteplici, il confine fra uno e l'altro spesso impercettibile, che si identificano:
nel rizoku (distacco, romitaggio), nel tanbi (immersione estetica) e nello shizen (natura).
ALTRI ESEMPI DI HAIKU:
Elisabetta Borroni
tetto cadente-
rischiara il fienile
luna gelida
Arashisei
zolle riverse-
a cantarne l'elogio
soltanto un corvo
Zen Ko Syshiro
fuori l'inverno-
la condensa sui vetri
disegna fiori
Alberto Baroni
tutto è silenzio
solo una rana gracida-
afa insistente
Luca Cenisi
ali bagnate-
sul nido di rondine
l'ultimo autunno
Alberto Baroni